Età medievale
(735 – 1399)
(1399 – 1629, abbazia commendataria)

Nel 735 (VIII sec.) i monaci percorrendo la via Caecilia, provenienti dall’Abbazia di Farfa, si insediarono sui resti della villa rustica e fondarono l’Abbazia di San Salvatore maggiore. Un’incisione del 1685, conservata presso la Biblioteca Nazionale dell’Abbazia di Farfa, consente di descrivere il monastero come edificio composto da tre ali su base quadrangolare: la torre campanaria e la chiesa con portico nella facciata, nel lato sud, ed in contiguità, un piano nel lato est ed due piani nel lato nord, con torrette poste al termine e tra questi due ultimi corpi di fabbrica. Era presente anche un muro di recinzione tra la torre a termine del lato nord e la chiesa.
L’Abbazia fu fondata in un periodo di grande fortuna per i monasteri nel regno longobardo. Abbazia imperiale, ampliò i suoi possessi, oltre che nel Reatino in Sabina, nelle Marche, in Abruzzo e nella stessa Roma. Nell’891 fu presa e incendiata dai saraceni. Ricostruita con qualche difficoltà nel secolo successivo, nella lotta per le investiture si schierò con gli imperatori contro i papi. Con il concordato di Worms del 1122 San Salvatore maggiore fu inglobata, anche se dopo forti resistenze, nel nascente Stato della Chiesa; la locale nobiltà rurale si oppose a vari tentativi d’introdurvi la riforma cistercense. Dagli inizi del Trecento iniziò la progressiva decadenza dell’abbazia, che subì profondi sconvolgimenti sociali, fu assaltata e in parte distrutta, perse irreparabilmente l’archivio abbaziale e fu gradualmente svuotata di possessi e potere. Diventa Abbazia commendataria unita a quella di Farfa nel 1399, quando Papa Bonifacio IX creò ed affidò questa Commenda al Cardinal Francesco Tomacelli suo nipote. Nel 1506 Papa Giulio II fece costruire la porta di legno della chiesa abbaziale il cui disegno è conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Nelle formelle della porta erano incisi i simboli ed i nomi dei Castelli governati da San Salvatore nel periodo dell’incastellamento e, nell’epoca del feudalesimo, quando divenne Abbazia baronale. Nel 1629 Papa Urbano VIII, a causa del peggioramento delle cose in San Salvatore, nei Priorati nelle Marche, e nella Chiesa Parrocchiale di Roma da esso dipendenti, chiamò a deliberazione i Cardinali e, col Breve apostolico del 12 settembre 1629, ripose in libertà ed in abito laicale i non professi e i novizi. Disciolse i professi, che furono ridotti alla condizione di semplici preti, ed assoggettati ai Vescovi Diocesani. Tale decisione venne confermata con la Bolla pontificia del 1 luglio 1632. Così finisce la presenza dei monaci in San Salvatore maggiore e nei monasteri da esso dipendenti. Una presenza, quella dei monaci, durata, se pur con una lunga interruzione nel periodo seguente all’invasione dei saraceni, per 894 anni.